Parcheggi in condominio: ecco la «formula perfetta»
La Cassazione, con
sentenza 2236 del 4 febbraio 2016, fornisce anche alcuni chiarimenti sul
calcolo delle superfici e sulla natura del vincolo di destinazione
Gli Ermellini ricordano che il vincolo di destinazione è inderogabile, ma opera in favore della indifferenziata comunità dei condòmini,
tanto che, se per l'attuazione di esso è necessario identificare la
superficie da assoggettare all'uso normativamente previsto, secondo le
misure dalla stessa norma stabilite, il condominio, in assenza di
relativa previsione (nell'atto concessorio, nel regolamento condominiale
o negli atti d'acquisto dei singoli appartamenti), deve chiedere al
giudice tale identificazione (cfr. Cass. civ., n. 23845/2013 e n.
4733/2015).
Da ciò consegue inoltre che l'assemblea di condominio non può, ex se, con delibera, costituire il vincolo pubblicistico di destinazione predetta scegliendo l'ubicazione degli appositi spazi su più ampia area del costruttore-venditore (Cass. civ., n. 7474/1997). Peraltro, qualora ad attivarsi non sia il condominio o un gruppo di condòmini, anche un singolo condòmino può farlo.
La Cassazione fornisce anche alcuni chiarimenti sul calcolo delle superfici: misura non inferiore ad un metro per ogni dieci metri cubi di costruzione, computando nel calcolo anche i muri perimetrali.
Nel
caso deciso dalla sentenza in esame, il condòmino aveva agito per
ottenere la restituzione a parcheggio condominiale di aree che erano
state alienate a terzi dall'originario costruttore, in contrasto con le
“previsioni progettuali”. La Corte d'appello aveva accertato il diritto
reale d'uso per parcheggio di autovetture, affermando l'esistenza di un
vincolo pubblico di destinazione soggettivo in favore degli utilizzatori dello stabile. Ne deriva l'impossibilità del costruttore di alienare le singole unità immobiliari riservandosi la proprietà delle aree destinate a parcheggio.
In
base ai principi di diritto sopra richiamati, la Cassazione ha
confermato la decisione di merito, respingendo, tra le altre,
l'eccezione relativa allo iussuperveniens di cui alla Legge n. 246/2005.
È vero che l'art. 12, comma 9, di tale legge ha introdotto la
possibilità di trasferire gli spazi per parcheggio in modo autonomo
rispetto alle altre unità immobiliari. Tuttavia, la nuova disposizione
trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole
costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della
sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle
singole unitàimmobiliari (Cass. civ. 4264/2006).
Nella sentenza viene riproposta anche la questione relativa al calcolo della superficie da destinare a parcheggio e, quindi, della correlata cubatura al netto o al lordo dei muri perimetrali dell'edificio.
Il
ricorrente sosteneva che la superficie doveva essere calcolata
escludendo i muri esterni. Ma la suprema Corte è di parere opposto.
La Legge urbanistica (art. 41 sexies Legge n. 1150/1942) conteneva
all'epoca la previsione in base alla quale “nelle nuove costruzioni
edanche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono
essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad
un metro quadrato per ogni venti (successivamente ex art. 2, Legge n.
122/1989: dieci) metri cubi di costruzione.
“La
nozione di costruzione, che è diversa da quella di volume o volumetria,
suscettibile di margini di opinabilità, implica indefettibilmente il
riferimento anche ai muri esterni, giacché non può concepirsi
costruzione senza i muri perimetrali che la delimitano”. Fonte http://www.condominioweb.com