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Parcheggi in condominio: ecco la «formula perfetta»

La Cassazione, con sentenza 2236 del 4 febbraio 2016, fornisce anche alcuni chiarimenti sul calcolo delle superfici e sulla natura del vincolo di destinazione

Dal vincolo di destinazione degli spazi a parcheggio sorge un automatico diritto reale d'uso in capo all'acquirente delle unità immobiliari interne dell'edificio, restando nulla ogni clausola contraria. Lo ha confermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2236 del 4 febbraio 2016, concernente il diritto all'uso dei parcheggi ai sensi dell'art. 18 Legge n. 765/1967.

Gli Ermellini ricordano che il vincolo di destinazione è inderogabile, ma opera in favore della indifferenziata comunità dei condòmini, tanto che, se per l'attuazione di esso è necessario identificare la superficie da assoggettare all'uso normativamente previsto, secondo le misure dalla stessa norma stabilite, il condominio, in assenza di relativa previsione (nell'atto concessorio, nel regolamento condominiale o negli atti d'acquisto dei singoli appartamenti), deve chiedere al giudice tale identificazione (cfr. Cass. civ., n. 23845/2013 e n. 4733/2015).

Da ciò consegue inoltre che l'assemblea di condominio non può, ex se, con delibera, costituire il vincolo pubblicistico di destinazione predetta scegliendo l'ubicazione degli appositi spazi su più ampia area del costruttore-venditore (Cass. civ., n. 7474/1997). Peraltro, qualora ad attivarsi non sia il condominio o un gruppo di condòmini, anche un singolo condòmino può farlo.

La Cassazione fornisce anche alcuni chiarimenti sul calcolo delle superfici: misura non inferiore ad un metro per ogni dieci metri cubi di costruzione, computando nel calcolo anche i muri perimetrali.

Nel caso deciso dalla sentenza in esame, il condòmino aveva agito per ottenere la restituzione a parcheggio condominiale di aree che erano state alienate a terzi dall'originario costruttore, in contrasto con le “previsioni progettuali”. La Corte d'appello aveva accertato il diritto reale d'uso per parcheggio di autovetture, affermando l'esistenza di un vincolo pubblico di destinazione soggettivo in favore degli utilizzatori dello stabile. Ne deriva l'impossibilità del costruttore di alienare le singole unità immobiliari riservandosi la proprietà delle aree destinate a parcheggio.

In base ai principi di diritto sopra richiamati, la Cassazione ha confermato la decisione di merito, respingendo, tra le altre, l'eccezione relativa allo iussuperveniens di cui alla Legge n. 246/2005. È vero che l'art. 12, comma 9, di tale legge ha introdotto la possibilità di trasferire gli spazi per parcheggio in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari. Tuttavia, la nuova disposizione trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unitàimmobiliari (Cass. civ. 4264/2006).

Nella sentenza viene riproposta anche la questione relativa al calcolo della superficie da destinare a parcheggio e, quindi, della correlata cubatura al netto o al lordo dei muri perimetrali dell'edificio.

Il ricorrente sosteneva che la superficie doveva essere calcolata escludendo i muri esterni. Ma la suprema Corte è di parere opposto.

La Legge urbanistica (art. 41 sexies Legge n. 1150/1942) conteneva all'epoca la previsione in base alla quale “nelle nuove costruzioni edanche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti (successivamente ex art. 2, Legge n. 122/1989: dieci) metri cubi di costruzione.

=>Cosa occorre tener conto per determinare l'area destinata a parcheggio

“La nozione di costruzione, che è diversa da quella di volume o volumetria, suscettibile di margini di opinabilità, implica indefettibilmente il riferimento anche ai muri esterni, giacché non può concepirsi costruzione senza i muri perimetrali che la delimitano”.
Fonte http://www.condominioweb.com